Con “Carpe Diem”, il 23° album dei Saxon, la band torna al sound cattivo, nudo e crudo, che l’ha caratterizzata nei suoi anni d’oro.
La storia dell’ultima fatica musicale di Byford e compagni fa riferimento alla conquista della Gran Bretagna ad opera dei Romani, riferimento usato anche per l’immagine di copertina del disco, raffigurante due legionari romani che presidiano il Vallo di Adriano: fortificazione che divideva in due parti l’isola a scopo di difesa dalle incursioni nemiche.
La title track è un tuffo nel passato, senza orpelli o abbellimenti, ma con “solo”, si fa per dire, ritmiche rocciose e assoli impressionanti, per non parlare della bellezza dei suoni, che alza pericolosamente la soglia dell’autocontrollo dell’ascoltatore.
Ma è con il secondo e terzo pezzo ovvero “Age of Steam” e “Pilgrimage” che la band britannica eccelle.
Ritmiche ancora più incalzanti e assoli spaccamascella fanno di “Age of Steam” uno dei pezzi più epici ed incisivi della produzione; ma è con la semi-ballad “Pilgrimage” che le qualità dei Saxon vengono fuori con prepotenza, confezionando un pezzo che conserva assoli di alto livello che si incastrano ad un pezzo facilmente memorizzabile, tutto molto classico e tradizionale per il genere, ma funziona dannatamente bene.
Una nota di merito va sicuramente a Bill Byford che, superato il traguardo dei 70 anni, è ancora in forma smagliante e con la sua voce lascia ancora il segno, sia nelle parti melodiche che in quelle più dure.
In tutta la produzione non c’è spazio per sperimentazione o novità di qualsiasi genere, ma solo del sano e buon vecchio Heavy Metal, sporco e sudato come solo i Saxon sanno fare.
Cosa si può dire inoltre del terremoto di chitarre in “Dambusters” e “All for one”, oppure dei cambi di tempo in “Super-Nova” o delle atmosfere gotiche di “Lady of Gray” che, nonostante si discosti un po’ dal resto del disco, si incastra alla perfezione.
La conclusione non poteva che essere “Living on the limit”, ovvero una dichiarazione delle band di voler continuare a macinare metal finché sia possibile.
Tutto sommato, nell’universo dell’Heavy Metal, i Saxon hanno ancora qualcosa da dire. Il loro sound, nonostante i tanti anni di attività alle spalle, non stanca mai e, chi li accusa dicendo cose del tipo “Ma sa di già sentito” dovrà farsene una ragione, perché hanno ancora la voglia di tirar fuori produzioni di qualità, mettendo al centro solo la loro musica. Tirando le somme di questa recensione, “Carpe Diem” è uno dei migliori lavori usciti da un po’ di tempo da Byford e soci, nulla di originale ma un prodotto autentico, uno specchio dove si riflette il fuoco della passione per il metal che non sembra proprio spegnersi.
Giulio Pocecco